È Richard Quinn, emergente designer britannico che nell’arco di due anni è riuscito non solo ad aggiudicarsi premi e riconoscimenti nel mondo della moda – tra i quali il primo Queen Elisabeth II Award per il British Design –, ma anche ad aprire il proprio studio di moda e ad avviare un business di successo internazionale. Utilizzando la stampa digitale

Motivi floreali appariscenti, vivacissimi nelle variegate fantasie cromatiche ed esuberanti negli accostamenti – spesso azzardati – con altri elementi grafici, come strisce e pois. Tessuti fuori dal comune – quali ciniglia pieghettata, velluto, lamina, pellicola in argento – decorati con stampe dalla testa ai piedi, letteralmente. L’istinto creativo di rivisitare disegni tradizionali nei modi più inattesi, conferendo un tocco di modernità e anticonformismo. Tutto questo è Richard Quinn, emergente stilista britannico che con le sue prime due collezioni – delle quali la primissima realizzata per la sfilata di diploma – ha attratto l’attenzione del mondo della moda, e non solo. Segnalato dal British Fashion Council – e da numerose riviste fashion tra cui Vogue America – come “da tenere d’occhio”, nell’arco di due anni ha aperto collaborazioni con stilisti del calibro di Charles Jeffrey Loverboy, JW Anderson, Mimi Wade, Burberry, ha curato gli abiti di scena di Lady Gaga e di altre star, ha realizzato collezioni per H&M – dopo essersi aggiudicato l’H&M Award 2017 –, Liberty London e Debenhams UK. E ha ricevuto dalla Regina Elisabetta II in persona – ospite d’onore alla sua sfilata durante la London Fashion Week – il primo Queen Elisabeth II Award per il British Design. Il segreto di Richard Quinn? La voglia di sperimentare per infrangere le convenzioni, una visione pragmatica della gestione del business e l’uso virtuoso della stampa digitale.

Pioniere di digital textile

A meno di un anno dal diploma presso il Central Saint Martins College of Art and Design di Londra – e a fronte dell’interesse raccolto – Richard Quinn ha aperto il proprio studio di stampa, nel quartiere londinese di Peckham. È in questo laboratorio di moda che lo stilista realizza le proprie collezioni, oltre a offrire consulenza e servizi di stampa su tessuto ad altri colleghi stilisti. Con quali tecnologie? Una stampante a sublimazione Epson SureColor SC-F per la stampa su tessuto, una stampante Epson SureColor SC-S per la stampa su carta da parati, una stampante per vinile e una macchina per serigrafia. Insieme ai suoi collaboratori, Quinn disegna e sviluppa i motivi, gioca e sperimenta con i tessuti, realizza le stampe e assembla i capi, il tutto internamente. La produzione viene gestita sulla base delle commesse – in generale, sono richieste in piccole quantità, anche a garanzia di esclusività – e solo nel caso di ordini in grandi quantitativi lo studio collabora con aziende londinesi che rifiniscono i tessuti da lui stampati. L’incontro di Quinn con la stampa digitale risale agli anni del college, con l’utilizzo di un plotter di Epson – una versione più piccola di quella installata nello studio. Il mix di colori, effetti e tessuti che contraddistingue le creazioni dello stilista è frutto di una continua ricerca e sperimentazione. Sul fronte della stampa, laddove Quinn punta a sfruttare appieno il potenziale dei sistemi di stampa digitale di cui dispone: tutti i pezzi, dai vestiti plissettati agli abiti da sera in pellicola fino ai caschi da moto personalizzati, vengono realizzati con la tecnologia di Epson. E sul fronte dei tessuti: grazie alla collaborazione con il fornitore inglese Premier Textil, lo stilista ‘gioca’ con materiali molto diversi tra loro nel peso, nelle texture, negli effetti.

 

L'INTERVISTA

Abbiamo incontrato Richard Quinn nel suo studio londinese. Ecco che cosa ci ha detto…

Qual è il segreto del tuo successo nell’utilizzo della stampa tessile digitale?

Un fattore su tutti: la formazione nella stampa tessile tradizionale. Il fatto di essere partito dalla stampa serigrafica e di essermi occupato in prima persona della preparazione dei colori – mischiandoli e mescolandoli per raggiungere i risultati cromatici desiderati – ha influenzato il mio approccio alla stampa digitale. Perché mi sono trovato di fronte a una sfida affascinante e avvincente: ottenere con la tecnologia digitale gli stessi effetti cromatici e la stessa intensità dei colori stampati con la serigrafia.

Pensi di essere riuscito a vincere questa sfida?

Direi di sì. La tecnologia di stampa a sublimazione di Epson – che ho utilizzato durante gli studi al Central Saint Martins e con la quale ho creato la mia prima collezione – consente letteralmente di riprodurre in digitale colori vividi e brillanti. I motivi floreali che caratterizzano le mie collezioni sono valorizzati dai colori saturi e vibranti che riesco a ottenere, mentre i tessuti stessi che utilizzo acquistano immediatamente un sapore luxury grazie alla stampa. Tutto questo ha certamente contribuito al successo delle mie creazioni, per questo ho scelto di continuare con la tecnologia Epson – per me epitome di qualità – installando due stampanti nel mio studio.

LONDON, ENGLAND – SEPTEMBER 16: Models walk the runway during the Richard Quinn SS18 show at Liberty London on September 16, 2017 in London, England. (Photo by Ian Gavan/Getty Images for Liberty London)

Nel tuo studio utilizzi entrambe le tecnologie, serigrafia e digitale. Vuoi fare un confronto?

A seconda del progetto, preparo il disegno, stampo il tessuto in digitale e utilizzo la serigrafia per creare degli effetti speciali o dare rilievo e profondità alle stampe: la combinazione delle due tecnologie mi consente di nobilitare ulteriormente i miei capi. Detto questo, nella mia esperienza professionale e per come ho impostato il business, è la stampa digitale a vincere il confronto. La stampa tessile digitale mi permette, ad esempio, di creare per uno stesso disegno diverse varianti cromatiche (funzionali al business plan), un’operazione che in serigrafia richiederebbe molto più tempo e costi più elevati. E poi c’è la questione della consistenza del colore, laddove la stampa digitale garantisce fedeltà e ripetitività cromatiche perfette, non conseguibili con la stampa serigrafica.

E poi c’è la questione della sostenibilità…

Certamente. La stampa digitale consente di tenere sotto controllo l’intera produzione delle collezioni e, di conseguenza, di monitorarne l’impatto ambientale. Possiamo così intervenire riducendo costi, sprechi e consumi. Inoltre, la produzione è on demand, sulla base degli ordini, e questo ci permette di evitare il problema della sovrapproduzione e dell’accumulo e smaltimento delle scorte. Credo profondamente nell’importanza di produrre in modo etico – un sentire che è sempre più diffuso nel mondo della moda – e intendo mantenere anche nel futuro un modello di business redditizio e sostenibile.

Qual è la fonte di ispirazione dei motivi floreali che ti contraddistinguono?

Ho sempre amato la creatività accesa e vibrante della moda degli anni Sessanta e Settanta e, nel realizzare le mie collezioni, mi sono ispirato a quelle fantasie floreali vivaci e piene di vita – giocando su effetti cromatici arditi e accostamenti azzardati con altri motivi grafici, come pois e strisce. Il resto lo fanno i tessuti, mi piace contestualizzarli, anche in scenari molto diversi fra loro. Il risultato è una sorta di creatività sovversiva rispetto alle idee convenzionali.