Oscar Farinetti racconta le scelte e i valori della comunicazione, degli imballaggi e degli allestimenti della sua azienda

C’era riuscito con Unieuro e ci ha riprovato, con ancora più successo, con Eataly. Dimostrando così di essere un imprenditore campione del made in Italy. Come lo è diventato, dal lancio nel 2007 a oggi, la nuova “creatura” di Oscar Farinetti. Eataly, appunto, la più grande vetrina internazionale nel mondo del food italiano. Un nuovo modo di presentare, vendere e preparare prodotti e piatti della migliore tradizione dei campi e della tavola del nostro Paese. Ma anche di comunicarli al consumatore, dall’allestimento dei negozi al packaging che avvolge pasta, riso, pelati, cioccolatini o yogurt. Un imballaggio minimalista ed ecocompatibile, che non trascura nei formati e nell’immagine anche le nuove mode e tendenze come quella vegano-vegetariana o le esigenze contenute dei single, ma che vuole soprattutto far parlare il prodotto. Farlo emergere sulla confezione.

“Privilegiamo sempre il contenuto, mentre il vestito deve essere leggero, semplice, economico e molto descrittivo per raccontare la storia dei prodotti, esaltarne la qualità” Oscar Farinetti, fondatore di Eataly

Privilegiamo sempre il contenuto, mentre il vestito deve essere leggero, semplice, economico e molto descrittivo per raccontare la storia dei prodotti, esaltarne la qualità.” Oscar Farinetti, fondatore di Eataly

Ma come definirebbe oggi Eataly il suo fondatore e principale azionista?

Eataly – esordisce Oscar Farinetti – è una grande famiglia di meravigliosi negozi che oggi, in tutto il mondo, sono 39, l’ultimo è quello aperto a Los Angeles in novembre. Il compito di Eataly è offrire una selezione dei migliori prodotti di piccoli produttori artigianali a prezzi sostenibili, limitando al massimo la catena di distribuzione e creando un contatto diretto tra produttore e consumatore. Con questa formula Eataly punta ad aumentare la percentuale di chi mangia in modo consapevole, scegliendo prodotti italiani di alta qualità, con particolare attenzione all’origine e alla lavorazione delle materie prime. La filosofia di Eataly è duplice: da un lato, offre prodotti sia sotto forma di distribuzione che sotto forma di opportunità di ristorazione; dall’altro lato propone corsi di cucina, degustazioni, incontri con grandi chef, con le grandi cantine o con gli artigiani, didattica gratuita per bambini e anziani. Quest’ultimo aspetto riassume la vera originalità di Eataly e costituisce il punto di inizio per suscitare nel consumatore una corretta percezione della qualità, in grado di muovere le sane leve del gusto e del godimento, che rendono l’essere umano più appagato e felice.

Quanto è importante per Eataly il nuovo maxi parco agroalimentare Fico aperto da metà novembre a Bologna?

Fico sarà il più grande parco del mondo dedicato alla meraviglia dell’agroalimentare italiano. Con ingresso gratuito, oltre 100.000 mq di coltivazioni, allevamenti, fabbriche, botteghe, chioschi, aree ristoro, giostre educative e aree didattiche per divertirsi, conoscere e imparare il meglio dell’enogastronomia italiana. La location è speciale: l’area del CAAB, l’ex mercato ortofrutticolo di Bologna. Un edificio con 4.000 pannelli solari, passivo e unico nel suo genere che servirà da esempio a tanti altri che verranno. Il tema ambientale a Fico sarà centrale, perché il parco si impegna a fare il minor quantitativo possibile di rifiuti e il 100% di raccolta differenziata. Differenziare i rifiuti e creare così zero rifiuti “indifferenziati” – e questo riguarda anche il packaging dei prodotti – è la via scelta anche dai tre negozi Eataly più grandi, quello di Torino, quello di Milano e quello di Roma. Una sfida grandissima nella quale vogliamo sentirci tutti impegnati.

Come comunicate questi valori? Che strumenti vengono utilizzati, da quelli tradizionali come stampa e tv all’online?

La comunicazione di Eataly si sviluppa attraverso moltissimi canali. Naturalmente quelli della carta stampata, come anche quelli del web che stanno diventando sempre più diffusi. Ci interessa diffondere l’immagine di un luogo meraviglioso e diverso in cui si possono fare esperienze e ci si può emozionare. Venire a fare la spesa a Eataly o a mangiare deve continuare a essere percepito come un atto consapevole che si fa per una migliore qualità della propria vita. Comprare prodotti artigianali, mangiare bene, godere del profumo del pane appena sfornato come della possibilità di comprare ottima carne o trovare una ricca selezione di oli extravergine di oliva… “Mangiare è un atto agricolo”, come dice Wendell Berry, contadino e filosofo americano, e come, ogni giorno, leggiamo entrando nei negozi Eataly. All’interno dei punti vendita il racconto dei prodotti è veicolato su decine e decine di cartelli più o meno grandi e pannelli descrittivi che raccontano la storia dei nostri prodotti e produttori.

Uno dei reparti dei negozi Eataly, dedicato alla Biodiversità

Uno dei reparti dei negozi Eataly, dedicato alla Biodiversità

Lei che è considerato l’ambasciatore del made in Italy del cibo nel mondo, quanta attenzione riserva, oltre che al prodotto, alla sua confezione?

Ho sempre pensato che un prodotto d’eccellenza debba anche presentarsi bene agli occhi di chi intende acquistarlo e gustarlo. Ma ritengo anche che la presentazione, quindi il packaging, debba essere semplice perché oggi il consumatore è sempre più intelligente ed è disposto a investire molto di più in quello che trova dentro la confezione, non nella confezione. Quindi fin dall’inizio, come Eataly, abbiamo sposato la filosofia non dell’imballaggio costoso e lussuoso, ma del packaging intelligente, economico, ecocompatibile, con materiali (dalla carta al vetro agli inchiostri vegetali) riciclati o biodegradabile al cento per cento. Ma la confezione deve essere anche molto descrittiva. Nell’alimentare c’è una cultura, che io reputo sbagliata, di scrivere le indicazioni sul prodotto in caratteri piccolissimi e quasi illeggibili. Invece è importante esaltare la descrizione, e quindi la qualità, di quello che uno sta comprando.

Come realizzate le vostre confezioni?

Fin dall’inizio, come Eataly abbiamo costituito un ufficio grafico-creativo all’interno. Del resto la nostra filosofia è quella di poter fare e gestire tutto in casa, così abbiamo un controllo diretto sulla produzione e sull’organizzazione del nostro lavoro. Disegniamo sia il packaging dei prodotti che realizziamo noi, a marchio Eataly – che coprono però meno del 5% del totale – sia quelli dei nostri fornitori, con il loro marchio, quando ci viene richiesto. Il nostro ufficio interno si occupa sia del food design, anche se poi sono i singoli produttori a rivolgersi ad aziende di stampa e cartotecniche per la realizzazione del packaging, sia dello store design, per l’allestimento dei nostri punti vendita, dalle semplici e naturali scaffalature in legno alla cartellonistica, con pannelli in forex, dalle tovaglie in carta per i tavoli ai cartelli che descrivono e spiegano i prodotti in vendita. E in un caso come nell’altro privilegiamo sempre il contenuto, mentre il vestito deve essere leggero, semplice, economico e molto descrittivo per raccontare la storia dei prodotti, esaltarne la qualità, che si tratti anche di prodotti bio o pensati per rispondere alle nuove esigenze di consumatori come vegetariani o vegani.

La semplicità che “fa parlare il prodotto”

Incontro con Sandra Trabucco, responsabile comunicazione e immagine del gruppo Eataly

Le nuove confezioni dello yogurt ViaBontàNegli ultimi mesi ha lavorato al restyling, con la scelta del fondo bianco, delle confezioni dello yogurt ViaBontà. Remake che, spiega Sandra Trabucco, responsabile comunicazione e immagine del gruppo Eataly, e anche dell’ufficio grafico-creativo (sede a Torino, ma con alcuni collaboratori a Roma) non cade mai nel vintage. Piuttosto punta a “far parlare il prodotto” con la semplicità nell’uso dei materiali, la forma delle confezioni, la tipologia di stampa. Se ogni prodotto richiede un’attenzione e una scelta particolare, vengono sempre privilegiati semplicità e basso costo. Imballaggi leggeri, possibilmente biodegradabili (compresi i sacchetti della spesa) e differenziabili per lo smaltimento con l’obiettivo, spiega sempre Sandra Trabucco, di arrivare al “rifiuto zero”. I colori privilegiati sono il bianco, i marroni e i beige per le scatole o i sacchetti della pasta, dei grissini, dei dolci con il marchio in evidenza e una descrizione del prodotto sintetico ma con caratteri grandi e leggibili. I materiali più utilizzati sono la carta (come la carta paglia) e i cartoncini, vetro riciclato (come quello usato per le bottiglie da mezzo litro, un litro e un litro e mezzo appositamente disegnate e realizzate per i vini Eataly), legno per gli arredi e metalli per alcune confezioni, per esempio quello delle pastiglie Leone. E in qualche modo la carta viene utilizzata anche per la comunicazione che prevede la stampa di una brochure all’anno e del catalogo dei pacchi natalizi, per i quali la confezione rispecchia sempre la filosofia minimalista ed ecocompatibile di Eataly. Filosofia che uniforma un po’ tutti i prodotti sugli scaffali come gli allestimenti degli store, dalle tovaglie ai tovaglioli, dai cartelloni (forex e leger) ai fogli descrittivi appesi sulle scaffalature. E viene estesa a tutti gli stampati e gli imballaggi, anche a quelli realizzati direttamente dai singoli produttori, ma con la grafica e i file curati da Eataly che, direttamente, si rivolge a un gruppo selezionato di agenzie e stampatori storici (già presenti ai tempi di Unieuro) come Spal Neon di Alba per le insegne e G&G Print Design di Torino.

 

La Ferrari del food

Un gruppo da oltre 400 milioni di ricavi nel 2016, che dovrebbe arrivare a circa 500 milioni nel 2017, che si prepara anche a essere quotato in Borsa. Il cda di Eataly riunito lo scorso 31 ottobre, sotto la guida del presidente esecutivo Andrea Guerra, ha infatti deciso di avviare la marcia verso lo sbarco in Borsa da realizzare entro 12-18 mesi. “Un’azienda come Eataly, unica globale nel food-retail” spiega Farinetti “credo che debba essere globale anche in questo”. E aggiunge anche che non cederà più del 30-33% “e mi piacerebbe che questo 30% andasse in mano alle famiglie italiane più che alle grandi banche. Noi, come famiglia, intendiamo restare”. L’altro desiderio è quello di essere quotati in Piazza Affari e non a New York, “anche se lì è più facile perché siamo più conosciuti e ci vogliono bene”. Quella che si annuncia come la quotazione della ‘nuova Ferrari’ del food contribuirà allo sviluppo del Gruppo che sta anche scegliendo un partner locale per lo sbarco in Cina; dopodiché il presidente esecutivo Andrea Guerra fisserà i tempi per le aperture a Shanghai e a Pechino. Poi toccherà a Stoccolma, quindi due aperture negli Stati Uniti, a ottobre 2018 a Parigi mentre il 2019 sarà l’anno di Londra.