Progettare spazi conviviali, in cui i clienti possano anche divertirsi, può aiutare gli affari? Lo abbiamo chiesto a Alessandro Dal Monte, founder di Loop Design e vicepresidente di Fespa Italia.

In che modo sta cambiando il modo di progettare l’allestimento degli spazi espositivi? Cosa cercano i visitatori e in che modo gli espositori e chi si occupa dell’organizzazione delle fiere stanno cercando di venire incontro a queste esigenze?

La progettazione di uno stand è sempre l’unione di più componenti. Come prima cosa vanno soddisfatte le esigenze del cliente. Mostrare il prodotto, quindi, nel modo migliore possibile. Rispetto al passato si cerca di coinvolgere maggiormente il visitatore, creando delle vere e proprie “esperienze” visive, tattili, luminose. Esperienze che rendano la visita qualcosa di speciale e unico, qualcosa da ricordare, qualcosa che spinga il potenziale cliente, una volta a casa, ad acquistare il prodotto. Il visitatore che va in fiera crea automaticamente due tipi di relazione. La prima è quella immediata con il prodotto. Automobile o cellulare, poco importa: il cliente non vuole solo vederlo, ma toccarlo, sentirlo, provarlo… in un certo modo, vuole farlo suo. La seconda relazione è con il cliente. Il visitatore vuole parlare con qualcuno che comprenda le sue emozioni e dal quale magari apprendere altre informazioni. Tutto questo posso ottenerlo creando più aree accoglienti che uffici, più zone relax che sale meeting.

Come è possibile rendere uno spazio fieristico più accogliente e meno freddo?

Mi aggancio a quanto ho appena detto: la convivialità aiuta gli affari. Il “sentirsi a casa”, sentirsi coccolato, rilassato, permette di ragionare con più calma, con più serenità, e questa aiuta sia il visitatore casuale, sia il compratore, sia il cliente. Quindi serve ricreare luoghi autentici, in cui coinvolgere i visitatori con giochi coinvolgenti, aree dove cucinare, disegnare o configurare insieme il prodotto scelto e poterlo provare. Senza dimenticare di privilegiare i colori più caldi e arredamenti materici, esaltati dal ritorno in grande stile della carta da parati.

Uno dei principali trend nell’ambito del retail sarà l’hybrid signage, cioè l’integrazione tra virtuale e reale. Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?

Devo confessare di essere molto affascinato da questa combinazione. La segnaletica ibrida migliora l’esperienza di acquisto perché è la corretta combinazione fra stampa, comunicazione digitale e mobile all’interno del negozio. Inoltre, permette una grande interazione con il cliente. Ritengo che l’aggiornamento in tempo reale sia un valore aggiunto perché cambia l’aspetto del negozio in un batter d’occhio. Mi affascina perché penso che abbia un grosso potenziale ancora inespresso che vorrei approfondire. È ancora strutturato come un accessorio a parte, come un semplice monitor. Dovremmo invece ampliare questo concetto facendolo diventare parte strutturale dell’architettura. Stiamo lavorando con i nostri partner in questa direzione. Sul fronte della sostenibilità ambientale, le aziende si dichiarano sempre più sensibili anche per ciò che riguarda l’allestimento degli stand.

La progettazione di allestimenti più sostenibili è in aumento o siamo ancora lontani da risultati concreti?

Come progettisti abbiamo la responsabilità di essere i primi a proporre stand che rispettino parametri di sostenibilità. Ma i clienti stessi sono a loro volta sempre più sensibili all’argomento. Da un punto di vista pratico cerchiamo di utilizzare prodotti che rendano il progetto il più omogeneo e completo dal punto di vista della sostenibilità: penso ai laminati, ai legni ma anche alla grafica, ai colori e alle carte, che negli ultimi anni hanno una percentuale di incidenza molto alta nella realizzazione degli stand. Esistono molte certificazioni (ISO 14001 / FSC / PEFC, etc.) che garantiscono che i materiali provengano da foreste gestite nel rispetto del patrimonio boschivo. C’è ancora molto da fare, ma credo al tempo stesso che la strada sia stata tracciata in maniera inequivocabile.